sabato 28 aprile 2012

Start-up and Run!

Oggi mentre facevo jogging riflettevo su una semplice constatazione. Una buona parte degli imprenditori che conosco praticano uno sport con regolarità. La maggioranza di questi  si dedica alla corsa, taluni sono veri e propri maratoneti nel senso letterale che corrono maratone o mezze maratone. Non so se questa mia osservazione del tutto occasionale trovi rispondenza in qualche ricerca o sia associata ad una regolarità statistica estendibile al di là del mio limitato e personalissimo campione di riferimento. Mi vengono in mente però almeno due spiegazioni per ritenere che questa associazione sia qualcosa di più di un fatto puramente casuale.

 La prima spiegazione è intuitiva e  ha che vedere con la semplice analogia tra la disciplina del correre e la disciplina del fare impresa. Per correre con assiduità e prepararsi ad affrontare lunghe distanze serve un attributo in primis: la tenacia. Ed è questo forse più di ogni altro anche l’aggettivo che meglio rappresenta l’imprenditore di successo. L’imprenditore tiene duro e non molla fino a quando non arriva in fondo, anche se completamente esausto. Pensate alla famosa battuta di Anita Roddick, fondatrice di The Body Shop: “Nobody talks of entrepreneurship as survival, but that's exactly what it is”. Del resto non è pensabile affrontare il percorso irto di ostacoli, difficoltà e sacrifici che il fare impresa comporta senza una ostinazione superiore alla media, quella ostinazione che per chi corre si traduce tipicamente in spirito di sacrificio e perseveranza negli allenamenti.


La seconda spiegazioni ha invece radici scientifiche e si basa su una serie di studi pionieristici condotti dal famoso psicologo cognitivo Arthur Kramer sul rapporto tra esercizio aerobico e facoltà cognitive.  In uno dei suoi esperimenti più noti, pubblicato su Nature, Kramer ha suddiviso un campione casuale di 124 persone sedentarie in due gruppi sottoposti a due diverse condizioni sperimentali per un periodo di 6 mesi: training aerobico e training anaerobico. I componenti del primo gruppo (training aerobico), passeggiavano ogni settimana per circa tre ore, i componenti del secondo gruppo (training anaerobico) dedicavano lo stesso ammontare di tempo ad attività di stretching ed esercizi tonificanti. Sebbene entrambe le attività siano utili alla forma fisica, l’allenamento aerobico ha un effetto benefico più spiccato sul cuore e accresce il flusso di sangue al cervello.

Alla fine dei 6 mesi entrambi i gruppi esibivano un sostanziale miglioramento nelle proprie condizioni di fitness. E fin qui nessuna sorpresa. Quello che invece appare più sorprendente è che il gruppo che si sottoponeva all’allenamento aerobico esibiva significativi e sistematici miglioramenti nelle capacità cognitive, in particolare nelle facoltà che coinvolgono funzioni esecutive come il multitasking. Stretching e esercizi tonificanti invece non apportavano alcun miglioramento significativo alle abilità cognitive. Il team di Kramer ha poi condotto uno studio successivo raccogliendo tutte le evidenze pubblicate dal 2001 in poi sul rapporto tra esercizio aerobico e facoltà cognitive confermando gli esiti del suo precedente studio.  

Dunque l’esercizio aerobico ha un effetto scientificamente fondato sulle abilità cognitive, in particolare sul multitasking ovvero la capacità di processare simultaneamente informazioni relativa ad ambiti decisionali eterogenei. Quale relazione tra questi risultati sperimentali  e l’imprenditorialità?. Semplice. Come chiunque startupparo sa molto bene, avviare una impresa pone quotidianamente e incessantemente l’imprenditore di fronte a decisioni e a problemi più disparati. La capacità di operare in multitasking, ovvero di operare cognitivamente su più fronti abbracciando simultaneamente situazioni e problemi anche molto diversi, diviene quindi un requisito assai prezioso. Un esercizio aerobico disciplinato e regolare, come per l’appunto una passeggiata o una corsetta periodica contribuiscono a potenziare questa facoltà, affinando così gli strumenti a disposizione dell’imprenditore per dare corso al proprio progetto. Il binomio corsa impresa è dunque  qualcosa di più di una analogia intuitiva.

Se proprio non siete convinti lasciativi almeno trasportare dalla coinvolgente narrazione di Harumi Murakami (il mio scrittore preferito, prima che scoprissi Nikos Kazantzakis)  che al rapporto tra corsa e creazione ha dedicato “L’arte di correre”, un delizioso libercolo che vi raccomando.


Se invece non avevate bisogno  di essere convinti perché siete già degli assidui praticanti permettetemi di suggerirvi “The Spirit of the Marathon”, un coinvolgente  e pluripremiato documentario sul correre come metafora dell’autorealizzazione raggiungibile attraverso passione e dedizione. 





Non avete ancora indossato le vostre scarpe da ginnastica? 

martedì 17 aprile 2012

Buone nuove per gli startupper italiani


Jobrapido, startup web-based per la ricerca/offerta di lavoro è stata acquisita dal gruppo DMGT per la cifra record di 30 milioni di euro. Jobrapido è un prodotto squisitamente italiano (sviluppato da un pugliese - Vito Lomele, incubato a Milano - un ottimo esempio di trasversalità italiana) che, in pochi anni, è riuscito ad imporsi come player di riferimento in un mercato caotico e viscoso come quello del lavoro. Complimenti a Vito per il grande successo e la tenacia: stando alle cifre riportate dal Corriere.it, a fronte di 24 milioni di euro di fatturato nel 2011, ben 6 sono rimasti come utile.
Il messaggio che il mondo degli investitori manda, in questo caso, è chiaro: una web-based startup può essere creata e sviluppata ovunque e se crea un impatto, gli investitori la andranno a cercare anche in capo al mondo (ovvero non è necessario essere nati in Silicon Valley). Il web soffre molto meno i lacciuoli e le zavorre che la macchina burocratica impone ai business tradizionali e permette una crescita rapida e immediatamente visibile ad una platea allargata.
Un altro messaggio importante è che la user-based entrepreneurship, ovvero, lo sviluppo d'impresa che scaturisce dalle inefficienze e frustrazioni provate come utenti/clienti è una strada maestra per la creazione di modelli di business funzionanti che partono, già alla nascita, con un minimo di validità testata sul mercato.
Ricollegandomi al post di Simone sull'imprinting organizzativo, queste imprese tendono ad avere un orientamento al mercato (e al cliente) molto maggiore rispetto ad imprese "technology push" ove il motore è lo sviluppo "in laboratorio" senza un necessario collegamento diretto con il mercato.

giovedì 12 aprile 2012

Un istante un destino

Leggo con piacere e interesse il breve inserto di  HBR dal titolo Before They Were Stars, in cui si rievocano con divertenti fotografie di archivio i primi anni di vita di alcune imprese oggi arcinote. Nella foto sotto ad esempio scopriamo gli interni di Foursquare a pochi mesi dal lancio  e vi scorgiamo i due suoi fondatori Dennis Crawley e Naveen Selvadurai al lavoro all’interno di un open space. Oggi Foursquare ha 100 dipendenti, 15 milioni di user e sedi dislocate su due continenti.

 

A seguire vediamo una foto che ritrae il gruppo di fondatori di Linekd-in assieme ai primi dipendenti nel 2004 (a circa una anno di distanza dal lancio). Come si rileva nell’articolo di HBR oggi Linked-in ha  120 milioni di membri (con un nuovo iscritto ogni 2 secondi) e circa 1500 dipendenti. Ma all’inizio del 2004, quando questa foto venne scattata per festeggiar il raggiungimento dei 500.000 utenti, lo staff era composto da poco più di una dozzina di persone, incluso i 5 fondatori (due dei quali - Allen Blue e Jean-Luc Vaillant – nella foto)


Qui una simpatica foto scattata nel 2008 in cui il fondatore di Groupon e una ventina di dipendenti si scusano pubblicamente con i propri clienti per un errore nella gestione di una promozione che al tempo aveva scatenato un bailame di lamentele.    


Infine sotto vediamo Pierre Omydar nell’estate del 1996, agli inizia della sua avventura con E-bay. Ricorda Omydar: “Jeff Skoll, il primo dipendente di e-bay nonce il suo primo president, scattò questa foto nell’estate del 1996. Quella sullo sfondo è la sua sedia vuota. A quel tempo lavoravamo all’interno di un incubatore nella Silicon Valley. Quello che si vede nella foto è tutto lo spazio di cui disponevamo, e lì spendevamo tutto il nostro tempo. Era un periodo di crescita rapida e non c’erano pause. Il nostro interrogativo ricorrente allora era “Come rimaniamo in vita?” Per diversi mesi crescemmo a un tasso del 50% al mese”.


Fotografie come queste, che documentano i primi passi nella vita d’impresa, hanno valore evocativo e simbolico. Evocativo perché catturano e sintetizzano i momenti mitici dell’inizio del viaggio, quando tutto o quasi è ancora da esplorare e ci si proietta avanti con la forza dell’entusiasmo. Simbolico perché contribuisco a creare memoria storica, conferendo alla vita d’impresa un senso di tragitto e progressione, ma senza mai perder di vista i sacrifici che sempre si accompagnano ai primi anni di vita. Sono questi gli anni della “fase formativa”, ovvero quel periodo breve (e intenso) che trascorre dalla nascita al momento in cui l’impresa incomincia ad acquisire una propria identità, a mettere  punto un business model distintivo e definire la propria cultura.


Nella letteratura di stampo accademico questa fase viene talora descritta con il termine imprinting organzzativo (per chi fosse interessato segnalo questo articolo che ho recentemente pubblicato sul tema), a richiamo del noto processo descritto per la prima volta dall’etologo Konrad Lorenz (nella illustrazione) per caratterizzare l’apprendimento che ha luogo nel prime fasi di vita degli animali e che ne plasma in modo duraturo e irreversibile il processo di sviluppo. Proprio come accade nel regno animale anche le imprese sono sottoposte a condizionamenti di tipo sociale e ambientale che ne influenzano profondamente il percorso di sviluppo e crescita.

In quelle foto apparentemente causali e ludiche è impresso un destino che ha radici profonde.